Schema di una pompa di calore

Dallo Scambio sul Posto al Ritiro Dedicato

Schema di una pompa di caloreIn vigore dal 2005, lo “Scambio sul Posto” ha rappresentato per anni una delle principali forme di incentivazione nel settore fotovoltaico.

Con il recepimento della direttiva Red II (D.Lgs. 199/2021) lo scambio sul posto è destinato a sparire con un ideale passaggio delle consegne fra questo regime e il Ritiro Dedicato.

Lo Scambio sul Posto è una particolare forma di autoconsumo in sito che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione.

Nello Scambio sul Posto si utilizza quindi il sistema elettrico quale strumento per l’immagazzinamento virtuale dell’energia elettrica prodotta ma non contestualmente autoconsumata.

Condizione necessaria per l’erogazione del servizio è la presenza di impianti per il consumo e per la produzione di energia elettrica sottesi a un unico punto di connessione con la rete pubblica.

Scambio sul Posto: erogazione dei contributi e conguagli

Il GSE, tramite le letture del contatore comunicate dal gestore, verifica periodicamente quanta energia è stata prelevata e quanta immessa in rete. La verifica viene fatta annualmente, ma il GSE stima degli acconti trimestrali che versa sul conto corrente dell’utente con causale “Contributo in conto scambio”.

Alla fine di ogni anno si effettua un conguaglio e vengono corrette le stime per l’anno trascorso.

Scambio sul Posto: come si calcola il contributo?

Una volta che si conosce la quantità di energia scambiata con la rete elettrica, grazie alle letture periodiche dei contatori, è possibile calcolare il contributo relativo allo Scambio sul posto.

Questo contributo rappresenta un rimborso per l’energia che l’utente ha ceduto alla rete.

La remunerazione avviene attraverso la vendita dell’energia, a cui si aggiunge il rimborso di parte dei servizi di rete, esclusi gli oneri fiscali.

La formula utilizzata per il calcolo del contributo è:

Cs = min [ Oe ; Cei ] + CUsf  x  Es

Dove:

  • Oe = Onere energia, è il prezzo dell’energia elettrica prelevata e pagata dall’utente ed è il prodotto tra i kWh prelevati ed il prezzo unico nazionale (PUN). Il PUN varia in base all’andamento dei mercati ed è una media nazionale dei prezzi rilevati ogni mese in ogni regione;
  • Cei = Controvalore dell’energia immessa, è il valore economico dell’energia immessa in rete ed è il prodotto tra i kWh immessi ed il prezzo zonale dell’energia sul “Mercato del Giorno Prima”;
  • CUsf = Corrispettivo Unitario di Scambio Forfettario, cioè un valore espresso in centesimi di euro calcolato dal GSE che tiene conto delle tariffe di trasmissione, distribuzione, dispacciamento ed alcuni oneri normalmente addebitati in bolletta;
  • Es = Energia Scambiata, cioè la quantità di kWh immessi e poi ri-prelevati, è pari al minimo tra kWh immessi e kWh prelevati in totale durante l’anno.

Quanto paga lo Scambio sul Posto nel 2024?

Nel 2024 l’energia immessa in rete dall’impianto fotovoltaico e ri-prelevata viene pagata dal GSE con una tariffa media di circa 0,16 € a kWh (pari a circa metà del prezzo medio per acquistare energia dalla rete).

Attualmente, in regime di scambio sul posto paga circa 0,10 €/kWh. La parte eccedente vale circa 0,06 €/kWh (circa un quarto del prezzo medio di acquisto) – pari al PUN (Prezzo Unico Nazionale rilevato sulla Borsa Elettrica Italiana: è il costo all’ingrosso dell’energia elettrica).

Per i i nuovi impianti è ancora possibile richiedere l’attivazione dello Scambio sul posto?

Per i nuovi impianti fotovoltaici, formalmente, è ancora possibile richiedere l’attivazione dello Scambio sul Posto.

Anche in questo caso, infatti, alla soppressione prevista non sono seguiti i decreti che avrebbero dovuto sancire la fine effettiva dello scambio sul posto. In mancanza di istruzioni specifiche lo Scambio sul Posto continua, di fatto, ad essere in vigore.

Dopo la fine dello scambio sul posto, i proprietari di impianti fotovoltaici avranno due possibilità:

  1. il Ritiro Dedicato: vendere tutta l’energia prodotta al GSE al prezzo stabilito dal decreto ministeriale;
  2. l’autoconsumo e adesione alle comunità energetiche con immissione in rete delle eccedenze: consumare l’energia prodotta e immettere l’eccedenza nella rete, ricevendo un corrispettivo basato sul valore di mercato dell’energia.
bonus sicurezza

Bonus sicurezza: antintrusione e videosorveglianza agevolabili fino a fine anno

bonus sicurezza

Bonus Sicurezza: antintrusione e videosorveglianza

A fine dicembre 2024 scade il Bonus Sicurezza, ovvero la possibilità di detrarre in 10 anni il 50% dei costi sostenuti. Il focus più interessante è dedicato alla cosiddetta sicurezza attiva, di cui fanno parte i sistemi di Antintrusione Videosorveglianza.

Bonus Sicurezza: antintrusione e videosorveglianza

La detrazione riguarda i sistemi denominati a sicurezza attiva, cioè quei sistemi che aiutano a prevenire il reato, avvisando e intervenendo anche prima del reato stesso, e che sono perlopiù di responsabilità degli installatori:

  • Sistemi di allarme intrusione;
  • Videosorveglianza;
  • Impianti di rilevazione incendi, evacuazione e controllo fumi;
  • Nebbiogeni e dispositivi similari (antirapina / antiscasso);
  • Sistemi di controllo accessi in ambienti pubblici e semipubblici.

Beneficiari e modalità

Questo beneficio è rivolto sia a contribuenti privati sia a titolari d’impresa con partita Ivacon l’unica condizione del possesso dell’immobile oggetto di intervento. Esiste poi la possibilità di estendere questo vantaggio ai familiari conviventi, solamente per ciò che concerne l’ambito residenziale.

La detrazione, per interventi con un limite massimo di lavori pari a 96mila euro, è ottenibile attraverso un oramai rodato metodo: l’utilizzo di un bonifico parlante che contenga tutti i dati utili a dimostrare il legame tra la spesa e la proprietà dell’impianto, ovvero, codici fiscali del beneficiario e dell’impresa che esegue i lavori, data e importi. Naturalmente, nella causale dovrà essere sempre esplicitato il riferimento alla norma che consente questa attività (articolo 16-bis del Dpr 917/1986).

Un beneficio per utente finale e professionista, a patto che…

Il beneficio fiscale è conseguente, dunque, all’installazione di un impianto, ma, ancor più quando parliamo di sicurezza e tutela delle persone, è giusto sempre sottolineare come un impianto non realizzato secondo la regola dell’arte metta a rischio sia il cliente sia, soprattutto, il professionista che non ha seguito le direttive della norma.

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Gradi di rischio impianto antifurto

Bonus sicurezza: detrazioni del 50% per le spese di installazione

La progettazione di impianti di allarme e antifurto tramite il bonus sicurezza, noto Gradi di rischio impianto antifurtoanche come bonus allarme o bonus antifurto, costituisce una detrazione fiscale del 50% sull’impianto di allarme. Questo beneficio rientra nell’ambito degli incentivi noti come “bonus ristrutturazioni“, applicabili alle abitazioni.

Secondo quanto dichiarato sul sito dell’Agenzia delle Entrate, il bonus ristrutturazioni si estende anche agli interventi volti a prevenire atti illeciti da parte di terzi, come furti e aggressioni. La proroga del contributo è valida fino alla fine del 2024, garantendo una detrazione del 50% su una spesa massima di 96.000 €.

La detrazione fiscale del 50% può essere ottenuta in 10 anni. Alcuni esempi di misure ammissibili per il bonus sicurezza includono apparecchi rilevatori di prevenzione antifurto con relative centraline, fotocamere o cineprese collegate a centri di vigilanza privati, l’installazione di rilevatori di apertura e di effrazione sui serramenti, nonché il rafforzamento, la sostituzione o l’installazione di cancellate o recinzioni murarie degli edifici e porte blindate o rinforzate.

Gli impianti antifurto sono dispositivi necessari per aumentare la sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro, ridurre i rischi di intrusione e arginare il problema dei furti, a patto che siano progettati a regola d’arte.

Il Comitato Tecnico Italiano (CTI) ha individuato tutti gli impianti di allarme e sorveglianza per la protezione di edifici, fra i quali:

  • i sistemi antintrusione e videosorveglianza;
  • i sistemi di controllo accessi;
  • gli impianti di rivelazione e segnalazione incendio;
  • i centri di monitoraggio e ricezione allarmi;
  • gli apparati citofonici e videocitofonici.

In questo focus ci concentriamo sui sistemi antintrusione. Sono 2 le norme di riferimento per la progettazione di impianti antifurto:

  • la norma CEI 79-3, “Sistemi di allarme – Prescrizioni particolari per gli impianti di allarme intrusione”, che definisce i requisiti tecnici e gli standard di sicurezza da rispettare durante il processo di realizzazione, verifica e manutenzione dell’impianto;
  • la norma CEI 64-8, che regolamenta la progettazione, l’implementazione e la verifica degli impianti elettrici operanti a bassa tensione. Il documento fornisce una serie di disposizioni relative alla selezione dei componenti elettrici, alla progettazione e all’installazione dell’impianto, nonché alle procedure di verifica e all’ottimizzazione dell’efficienza energetica.

Non si può progettare un impianto antifurto se prima non si fa una valutazione del rischio. Quest’ultima deve tener conto di una serie di fattori tra i quali la destinazione d’uso del luogo in cui viene installato l’impianto d’allarme e il valore dei beni da proteggere.

In questo modo si può classificare il tipo di impianto tra uno dei quattro gradi di rischio individuati dalla norma:

  • rischio basso (grado 1): gli intrusi hanno una conoscenza bassa degli impianti di sicurezza e non hanno una grande quantità di attrezzi tra quelli facilmente reperibili;
  • rischio medio-basso (grado 2 ): gli intrusi non conoscono bene gli impianti, ma hanno a disposizione strumenti portatili tali da disattivare il sistema;
  • rischio medio-alto (grado 3): gli intrusi hanno una discreta conoscenza degli impianti di sicurezza, con a disposizione una vasta gamma di strumenti e apparecchi elettronici portatili;
  • rischio alto (grado 4): gli intrusi hanno capacità e risorse per pianificare un’intrusione o una rapina del dettaglio, oltre che strumenti e attrezzature per metterla in atto, anche quelli per sostituire i componenti dell’impianto di sicurezza.

In base al rischio la norma CEI 79-3 analizza i livelli di prestazione dell’impianto.

L’impianto da progettare può avere 4 livelli di prestazione: dal livello 1 (quello più basso se il rischio valutato è basso) al livello 4 (livello di prestazione più alto se il rischio valutato è alto). Quindi bisognerà fare una valutazione sul grado di rischio prima di procedere con l’installazione di una tipologia di allarme: se ad esempio voglio proteggermi da rapinatori che non hanno una buona conoscenza del sistema, ma che hanno gli strumenti necessari per poterlo disattivare, allora procederò ad installare un sistema di allarme di grado 2.

Quando ci si appresta a progettare un impianto di allarme occorre fare numerosi calcoli, schemi e relazioni al fine di realizzare un sistema sicuro e in linea con le norme in vigore. Eventuali errori di progettazione potrebbero causare futuri incidenti elettrici e mettere a rischio la sicurezza dell’edificio e delle persone.

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Garantire la Sicurezza e l’Efficienza degli Impianti Elettrici: Guida alle Verifiche Fondamentali

Negli ambienti domestici e industriali, un’installazione elettrica affidabile è essenziale per garantire la sicurezza delle persone e la corretta funzionalità degli impianti nel tempo. Tuttavia, per ottenere questo livello di affidabilità, è fondamentale effettuare regolarmente verifiche accurate sull’impianto elettrico. In questo articolo, esploreremo l’importanza di queste verifiche e i passaggi fondamentali da seguire per assicurare la sicurezza e l’efficienza degli impianti elettrici.

1. Progettazione e Normative

Prima ancora di iniziare le verifiche sull’impianto, è cruciale garantire una progettazione accurata che rispetti le normative di sicurezza vigenti. Una corretta progettazione dell’impianto elettrico è il primo passo verso la creazione di un sistema sicuro e affidabile.

2. Verifiche Iniziali

Le verifiche iniziali vengono effettuate prima della messa in servizio dell’impianto elettrico. Durante questa fase, un tecnico specializzato esamina l’installazione per identificare eventuali difetti o problemi che potrebbero compromettere la sicurezza o il corretto funzionamento dell’impianto. Tra le cose controllate ci sono la presenza di dispositivi di emergenza, interruttori differenziali e magnetotermici, e la corretta messa a terra.

3. Verifiche Periodiche

Le verifiche periodiche sono cruciali per garantire che l’impianto mantenga gli standard di sicurezza e funzionalità nel tempo. Queste verifiche vengono eseguite regolarmente da tecnici specializzati e comprendono esami visivi e prove tecniche per identificare eventuali difetti o problemi che potrebbero essersi verificati nel corso del tempo.

4. Utilizzo di Software Specializzati

Per garantire una progettazione ottimale e conforme alle normative di settore, si consiglia l’utilizzo di software specializzati per la progettazione e la verifica degli impianti elettrici. Questi strumenti consentono di creare modelli dettagliati degli impianti elettrici, valutare con precisione le dimensioni e i carichi, e condurre tutte le verifiche necessarie per assicurare la sicurezza e l’efficienza dell’impianto.

In conclusione, le verifiche sull’impianto elettrico sono un passaggio fondamentale per garantire la sicurezza e l’efficienza degli impianti domestici e industriali. Seguendo una procedura accurata e utilizzando strumenti e software specializzati, è possibile garantire un funzionamento sicuro e affidabile degli impianti elettrici nel tempo.

condizionatore

Installazione di condizionatori su facciata condominiale: normativa di riferimento

condizionatorePer l’installazione di condizionatori sulla facciata del condominio, è necessario rispettare le disposizioni legali previste per i lavori privati su facciata condominiale.

Conformemente all’art.1117 del codice civile, la facciata di un condominio è considerata una parte comune e, pertanto, non è consentito intervenire su di essa a proprio piacimento.

Secondo l’art. 1122 del codice civile, gli interventi che coinvolgono le parti comuni dell’edificio non devono danneggiarle né comprometterne stabilità, sicurezza o decoro architettonico dell’immobile. È, inoltre, essenziale informare preventivamente l’amministratore di tali interventi, che successivamente li comunica all’assemblea condominiale.

Questo principio è fondamentale anche nell’installazione degli impianti di condizionamento.

Per installare il condizionatore su facciata condominiale, è necessario rispettare i limiti di seguito riportati:

  • il motore esterno non deve compromettere l’armonia delle forme architettoniche, le linee strutturali e l’aspetto generale dell’edificio;
  • occorre notificare preventivamente all’amministratore l’intervento, il quale a sua volta lo comunica all’assemblea condominiale;
  • è necessario rispettare il regolamento condominiale che potrebbe aggiungere ulteriori dettagli su cosa costituisce una violazione del decoro architettonico del condominio.

Installazione condizionatori in condominio: regolamenti

L’installazione di condizionatori esterni sulla facciata del condominio prevede il rispetto delle varie disposizioni normative contenute nei diversi regolamenti in materia:

  • normativa comunale: è consigliabile verificare presso l’ufficio tecnico del Comune se ci sono divieti o restrizioni riguardanti la conservazione delle facciate, specialmente nei centri storici e se sono richieste particolari autorizzazioni o formalità;
  • regolamento urbanistico: per condomini in centro città o in edifici storici, può essere richiesto il rispetto di specifiche disposizioni per il rispetto di vincoli paesaggistici e ambientali;
  • normative del Codice Civile: è importante rispettare il principio dell’uso della cosa comune e il decoro architettonico, come disposto negli articoli del codice civile in riferimento alle parti comuni del condominio;
  • regolamento condominiale: è necessario consultare il regolamento del condominio per verificare la presenza di restrizioni specifiche riguardanti la facciata e le aree comuni o ulteriori istruzioni riguardanti l’installazione dei condizionatori.

Potrebbe, ad esempio, vigere l’obbligo di dipingere l’unità esterna e la canalina con lo stesso colore della facciata o nasconderla alla vista o di posizionare gli elementi solo in alcune parti dell’edificio, imponendo l’installazione solo sul tetto, lungo facciate interne o secondarie.

Sebbene l’installazione di un condizionatore non richieda di solito l’autorizzazione dell’assemblea condominiale, è necessario comunicare l’intenzione di installare il condizionatore all’amministratore di condominio per evitare future contestazioni.

Regole per l’installazione dei condizionatori in condominio

Per l’installazione di un condizionatore in condominio, è fondamentale rispettare condizioni precise che includono:

  • rispetto del decoro architettonico: non è ammesso compromettere l’estetica della facciata dell’edificio; pertanto, occorre valutare attentamente le condizioni attuali dell’immobile e considerare se l’installazione del condizionatore potrebbe violare questo requisito;
  • controllo del rumore: le emissioni acustiche del condizionatore non devono violare le normative sul rumore e non devono superare la normale tollerabilità, infastidendo i vicini;
  • rispetto delle distanze: è necessario mantenere delle distanze minime rispetto agli altri balconi o finestre dei vicini, anche in caso di installazione sul proprio balcone;
  • rispetto della cosa comune: l’installazione dell’unità esterna del condizionatore su una porzione di parete comune è consentita a condizione che non interferisca con il diritto degli altri condomini di godere della cosa comune. Di conseguenza, il condizionatore non deve essere troppo ingombrante da impedire agli altri inquilini di fare lo stesso uso della facciata dell’edificio.

Dove posizionare l’unità esterna del condizionatore in condominio?

Una volta considerate le normative del proprio Comune, è importante decidere con cura dove posizionare il condizionatore.

L’unità esterna del condizionatore non può invadere la proprietà altrui: non può essere montato sul balcone di un altro condomino né sotto il proprio balcone se appartiene al piano sottostante. Può essere collocato sotto la propria finestra, ma non di lato se interferisce con lo spazio di pertinenza di un altro.

Le due opzioni principali per il posizionamento del motore esterno sono:

  • montarlo sul balcone, evitando posizioni troppo vicine al muro o al soffitto e proteggendolo dalla luce solare diretta e dalle intemperie;
  • fissarlo sulla facciata esterna dell’edificio se non si dispone di un terrazzo, garantendo un fissaggio stabile con staffe e una distanza adeguata dalla parete di fondo.

In ogni caso, è preferibile che l’apparecchio sia il meno visibile possibile.

Per posizionare adeguatamente il motore esterno del climatizzatore in un condominio, il codice civile stabilisce le distanze legali a tre metri dalla soglia del solaio del piano superiore e a 1,5 metri nel caso in cui ostruisca la vista.

Per quanto riguarda lo scolo dell’acqua di condensa, il suo posizionamento e fissaggio devono evitare che l’acqua goccioli sui piani inferiori o sulla strada, danneggiando i condomini dei piani inferiori e i passanti; pertanto, il tubo di scarico deve mantenere una distanza minima di un metro.

In casi eccezionali, il regolamento condominiale potrebbe fornire indicazioni specifiche, che impongono limitazioni riguardo alla distanza minima da mantenere rispetto al balcone del vicino, sia per motivi di sicurezza che per garantire livelli accettabili di rumore.

È sempre garantita la possibilità di installare un condizionatore in condominio?

In linea di principio, come già accennato, l’installazione di un condizionatore rappresenta un diritto del cittadino.

Tuttavia, questo diritto potrebbe essere negato per:

  • divieti stabiliti nei regolamenti comunali, volti a preservare l’aspetto estetico dell’edificio o della strada (ad esempio, in edifici di pregio vincolati o nei centri storici). Questo divieto può riguardare l’intero edificio o solo una sua parte;
  • divieti presenti nel regolamento condominiale, il quale, per essere vincolante, deve essere approvato all’unanimità.

Cosa fare quando non si può installare l’unità esterna?

Quando non è possibile installare l’unità esterna su facciate esterne o balconi, le due opzioni più comuni includono:

  • il montaggio dell’unità esterna sui cortili interni del palazzo, se consentito;
  • l’installazione di un climatizzatore senza unità esterna.

Quest’ultimo metodo richiede solo la creazione di un piccolo foro che non danneggia né altera l’estetica dell’edificio.

Come fare per installare condizionatori su parti comuni del condominio?

Per procedere con l’installazione di un condizionatore in condominio, è importante seguire alcuni passaggi fondamentali:

  • verifica preliminare amministrativa: la prima cosa da fare è esaminare i regolamenti comunali in materia di normativa urbanistica e verificare l’effettiva possibilità di installazione in relazione alle disposizioni comunali;
  • verifica del regolamento condominiale: una volta ottenuto il consenso amministrativo, è importante informarsi sulle linee guida previste dal condominio per l’installazione e per verificare eventuali vincoli condominiali;
  • comunicazione all’amministratore: prima di iniziare i lavori, è necessario informare l’amministratore del condominio.